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La Lapide della discordia
La Lapide della discordia
Porzus, la lapide della discordia
Polemiche sulla possibilità di apportare correzioni e aggiunte di nomi alla lista "storica"
Il ricordo della strage di Porzus assume quest'anno un significato particolare. È in fase di discussione, infatti, la possibilità di realizzare una nuova lapide commemorativa, con correzioni e aggiunte ai nomi di quella storica. Un procedimento delicato, che vedrà confrontarsi i vertici di Apo, dell'Anpi e il ricercatore pordenonese Paolo Strazzolini, in collaborazione con i sindaci dei due paesi uniti, Maurizio Malduca per Attimis e Franco Beccari per Faedis.
Un iter annunciato da settimane, che fa discutere. Tra i sostenitori del no anche Nevio Borgnolo, di Faedis, che porta alla luce, riaprendo vecchie ferite, due storie tristi e paradossali. «Chiediamo al sindaco Beccari - dice -, già invitato da altre persone autorevoli, a documentarsi meglio sull'eccidio di Malga Porzs avvenuto il 7 febbraio 1945. Per rendersi conto dell'accaduto gli basterebbe leggere la lettera che Guido Pasolini “Ermes” scrisse al fratello Pier Paolo chiedendogli aiuto. Tra l'altro, la missiva descrive il clima anti-italiano venutosi a creare nel periodo tra luglio e novembre del 1944 e le ostilità che i partigiani della Osoppo subivano da quelli filo-titini. Si comprende come, in quella circostanza, si volesse sopprimere non solo il comandante Bolla ma tutta la formazione Osovana presente alle Malghe. Questo è chiaro e risulta pure dagli atti processuali».
Borgnolo, già consigliere comunale di Faedis, spiega poi un'altra vicenda: «Nello stesso periodo ci fu un secondo assassinio, volutamente sottaciuto. Si tratta dell'uccisione del podestà di Faedis, avvenuta dopo che gli aggressori, travisati, qualificatisi per partigiani, svaligiata la casa e rapinato il malcapitato di tutti i suoi valori, lo portarono via, per freddarlo poco dopo con un colpo di pistola, a poca distanza da casa. Tanti si chiedono ancora perché fu ucciso, chi furono gli assassini e chi i mandanti».
Tornando a Porzus, durante il processo presso la Corte d'Assise d'Appello di Firenze i gappisti, (sostenevano la loro non partecipazione ai fatti e quando non potevano farne a meno, ammettevano di avere partecipato all'azione disarmati, ignari dell'obiettivo e dello scopo). Tutti sanno, e risulta dagli atti processuali, che il giovane partigiano Comin Giovanni “Gruaro” proprio il giorno prima si era presentato al comandante Bolla per essere arruolato nel suo gruppo di partigiani combattenti per l'italianità di quei luoghi e non per la loro annessione alla Jugoslavia di Tito, come facevano gli altri.
«La preannunciata sostituzione o integrazione della lapide già esistente alle Malghe di Porzus è una manipolazione di monumenti o lapidi non nuova per l'amministrazione di Faedis - attacca Borgnolo -. Il monumento ai caduti di Faedis è stato spostato dalla sua originale sede per fare spazio a una fontana. Quello di Campeglio è in procinto di essere spostato per una non meglio precisata esigenza di miglioramento della fruibilità dell'area». Nella frazione di Valle Soffumbergo la questione è più intricata: «All'inizio degli anni Venti il nostro beneamato parroco, monsignor Antonio Clemencigh, riuscì a ottenere dal Comune di Faedis una lastra di marmo bianco (già utilizzata su una facciata come lapide per i Caduti di Faedis), per destinarla a lapide dei caduti della frazione. Riciclato il manufatto, sull'altro verso, vennero riportati i nomi dei caduti della Prima Guerra mondiale con l'epigrafe "Valle e Pedrosa agli eroi caduti nella Grande guerra 1915-1918 ad imperitura memoria". Il precetto perenne, non si sa per quale motivo, venne interrotto negli anni 1980: la lapide dei caduti fu rimossa dalla facciata della chiesa e sostituita con altra lapide dedicata ai caduti del 1915-1918 e 1940-1945. Il manufatto, tra altro anche di pregio minore rispetto il precedente, riportava un elenco non esatto di nominativi dei caduti della frazione di Valle e Pedrosa nonché il nominativo di Belligoi Rino (di Pedrosa) che non era ricordato dalla popolazione come caduto in guerra, bensì fucilato dallo stesso gruppo di partigiani al quale si era accodato, perché ritenuto responsabile di omicidio volontario. Questo episodio, tuttora ben ricordato, aveva creato molto clamore tra la popolazione di Valle e Pedrosa: Belligoi Rino, 16 anni circa, aveva ottenuto dal gruppo di partigiani pure un fucile che ostentava continuamente, tanto da indurre un compaesano, tale Specogna Celestino, anch'egli di Pedrosa, a esortarlo a fare attenzione e a non maneggiare l'arma in osteria perché pericoloso per gli avventori. Per tutta risposta, il Belligoi aveva caricato il fucile, puntato contro Specogna Celestino e fatto fuoco, ferendolo mortalmente. La notizia fece intervenire i partigiani che, senza alcuna remora, lo prelevarono, lo accompagnarono al cimitero della frazione e, dopo avergli fatto scavare la fossa, lo uccisero, lasciandolo nella fossa senza completare la sepoltura che veniva portata a termine da volenterosi del luogo. Riportare il suo nominativo tra i caduti in guerra ha suscitato non poco risentimento tra la popolazione che non ha ottenuto mai alcuna revisione. La lapide è rimasta sulla facciata della nostra chiesa fino al 1997, data in cui, a causa dei lavori di ristrutturazione della facciata, è stata rimossa per essere trasferita in luogo diverso. Nella circostanza furono corretti alcuni nominativi erroneamente inseriti ma quello di Belligoi Rino non venne tolto; in compenso fu inserito quello della sua vittima, Specogna Celestino. Le ventilate iniziative dei sindaci di Faedis e Attimis di manipolare anche la lapide dell'eccidio avvenuto alle Malghe di Porzs, non può creare altro che tristezza e disappunto, non pacificazione come asserito dai promotori, nonché preludio che anche su quella lapide divenuta un monumento nazionale forse saranno riportati alla pari, i nomi delle vittime, degli assassini e dei mandanti».
Pubblicata la Storia della Nostra Osteria
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